#Femminicidio: le parole sono pietre

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Lug 6, 2013 DBPensiero 0 922 Views

Le parole sono pietre e possono colpire e lasciare segni indelebili. Parole come quelle pronunciate alcuni giorni fa in Consiglio e che ho voluto riportare in tutta la loro crudezza.

Non mi aspettavo certo che l’episodio potesse suscitare un simile clamore, raggiungendo i più importanti quotidiani nazionali e, in parte, offuscare la notizia del voto favorevole alla mozione sul femminicidio.

Non è importante rivelare l’identità della persona che l’ha pronunciata, perché non voglio puntare il dito contro qualcuno, che probabilmente l’ha inteso come un atto di goliardia e non ha neanche compresso la gravità delle frasi pronunciate, ma contro un modo di pensare e agire diffuso.

Non nascondiamoci che il linguaggio sessista è diventato la “normalità” in tutti gli ambienti di lavoro.Quelle parole, infatti, non appartengono ad una sola persona, ma risiedono nel profondo di una cultura distorta e distrattamente accettata.

Nonostante i fatti di cronaca ci ricordino ogni giorno le conseguenze tragiche della discriminazione di genere, questa distorsione culturale che vuole la donna oggetto di piacere o oggetto da offendere, continua a persistere. Un processo di disumanizzazione che spoglia di identità e dignità le donne, con il rischio di essere l’ambiente di coltura di abusi e sopraffazioni.

Ma per alcuni questo pensiero distorto può rappresentare l’innesco ideale, l’alibi di violenze consumate tra le mura domestiche, ma non solo, e che giustificano un mostro facendone un uomo vero, capace di trattare le donne “come meritano”.

Purtroppo il problema è più diffuso di quanto si possa immaginare se persino dentro le Istituzioni, durante la discussione di una mozione contro la violenza, qualcuno non riesce a trattenersi nel dare sfogo a questa sub -cultura maschilista.

Un altro segnale che ci da il polso della situazione sono i commenti della notizia sui vari siti: molti lettori uomini non vedono nulla di strano nella frase “le donne non vanno uccise vanno sc…”, riscontrando, al massimo, una crudezza nei modi.

È chiaro quindi che il problema va combattuto sopratutto da un punto di vista culturale, adottando un rigore laico nelle azioni politiche. E sottolineo laico. Il fatto che alcuni giornali abbiano voluto descrivermi come cattolica, da quasi l’impressione che il mio intervento sia figlio di una pruderie moralizzatrice. Al contrario, credo che le istituzioni, prima ancora di avere ruoli censori o educativi, debbano essere in grado di rappresentare con dignità tutti, indistintamente, cittadine e cittadini.

Per questo penso che la mia denuncia sia un’ulteriore crepa sul muro della discriminazione che ancora ci divide da una società che di rispetta e protegge le donne.

Per abbattere definitivamente questo muro abbiamo però bisogno di Istituzione fatte di uomini e donne che credono fermamente nel cambiamento e in una nuova cultura, figlia del rispetto e delle pari opportunità.

Io sono tra questi, non perché sia donna e madre, ma perché mi sento una cittadina a cui è affidato l’importante compito di fare delle comunità un posto migliore dove vivere, crescere ed essere senza paura, umiliazioni e diseguaglianze.

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